La sala deve il suo attuale aspetto agli interventi settecenteschi,
nel corso dei quali, nel 1770, l'ambiente fu completamente rinnovato per
accogliere il baldacchino del trono papale. Le pareti vennero allora
ricoperte con i preziosi arazzi commissionati alla fabbrica romana del San
Michele, la sala ebbe porte finemente decorate e dorate per le quali
furono realizzate mostre in marmo colorato, il diaspro di Sicilia. Per i
soggetti degli arazzi, eseguiti dal pittore Domenico Corvi, si scelse di
riprodurre opere conservate in Campidoglio, come il dipinto Romolo e Remo
allattati dalla lupa di Pieter Paul Rubens, che era pervenuto nella
collezione della Pinacoteca Capitolina, o la scultura della dea Roma, la
cosiddetta "Roma Cesi", conservata nell'atrio del Palazzo dei
Conservatori. Per gli altri due soggetti si riproposero ancora una volta
immagini che esaltassero le virtù civiche degli antichi antenati: La
vestale Tuccia e II maestro di Faleri.
Nella sala, fin dal 1544, seguendo la datazione riportata su un
cartiglio, era stato dipinto il fregio ad affresco in cui le storie di
Scipione l'Africano si alternano a immagini di sculture antiche,
attribuito tradizionalmente a Daniele da Volterra, più verosimilmente a un
pittore della sua cerchia. Negli stessi anni era stato realizzato il ricco
soffitto a cassettoni esagonali con fondo azzurro su cui sono posizionati
intagli dorati con elmi, scudi e armi di parata. Il restauro del manufatto
ha restituito la preziosa doratura che è evidenziata dalla superficie
dipinta in cui è stato recuperato l'azzurro dei fondi. Alla ricchezza
dell'ambiente contribuiscono le consolles e il tavolo in legno intagliato
e dorato, anch'essi risalenti al XVIII secolo.
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