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Indice antcom:03301 antcom:03368 antcom:04956 antcom:15104

IV. L'Egitto a Roma e il mito di Cleopatra

Catalogo

IV. 4. Mosaico con scene nilotiche urn:collectio:0001:antcom:04956

Seconda metà del I secolo a. C.

Da Roma, via Nazionale, 1882

h 50 cm, lungh. 50 cm

Roma, Antiquarium Comunale, 4956

II mosaico, a tessere minutissime, doveva costituire l'emblema centrale di un più ampio tappeto musivo, e doveva comunque avere una maggiore estensione, come suggeriscono le lacune a destra e in alto. La rappresentazione, legata a episodi idillico-sacrali che si svolgono in un ambiente nilotico, procede su piani paralleli a partire da un'ampia stesura, nella parte inferiore, di elementi vegetali e faunistici su un fondo chiaro percorso da striature dal grigio al celeste che imitano una zona lambita dall'acqua e probabilmente paludosa. Piante e cespugli dagli esili steli e dalle foglie che sembrano fluttuare nell'acqua, piccoli fiori cangianti compongono il paesaggio animato da uccelli acquatici e pesci, in una atmosfera rarefatta e luminosa. In questa distesa palustre naviga una leggera imbarcazione di canne dalla prua ricurva, per il resto tagliata dalla lacuna che interessa la parte destra del mosaico. Allo stesso modo è lacunosa la rappresentazione del coccodrillo che emerge dalle acque su un isolotto (nella zona superiore) a fauci spalancate.

Straordinaria la resa del corpo dell'animale, con tessere chiare e luminose per indicare la morbida carne del ventre, che sfumano al grigio nelle più solide e scure scaglie dorsali. Due figure di offerenti si avvicinano al coccodrillo, con vesti bianche, la prima tenendo in mano una corona, l'altra qualcosa da offrire in pasto all'animale. I due sono preceduti a sinistra, al di là di uno scheletrico albero dal tronco nodoso, da altri due personaggi che incedono tra gli arbusti: il primo coperto, come sembra, da un mantello di pelliccia e con una ghirlanda tra i capelli, l'altro con tunica e copricapo, in atteggiamento meditativo.

Una immaginaria linea di terra crea un terzo registro in cui altre figure incedono da sinistra verso destra: la prima si distingue per avere in mano una cetra; le due centrali danzano rivolte una verso l'altra, l'ultima (ma di fronte si distinguono ancora parti di personaggi, tuttavia interessati dalle lacune), ha una carnagione scurissima, ben visibile poiché indossa solamente un perizoma. Il tema nilotico, che trova forse la sua massima espressione nel più famoso mosaico del santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, viene svolto, nel mosaico capitolino, con uno stile fluido ed elegante che fonde abilmente notazioni paesistiche e figure umane, dando vita a un momento narrativo di grande suggestione nella particolarissima sensibilità pittorica e luministica. Le figure delineate con sapienti e rapide annotazioni, l'elemento vegetale e faunistico vibrante per sfumati passaggi di colore, il baluginio dell'acqua che unifica e avvolge il mondo terrestre e quello divino adombrato dalla processione e dall'offerta, rivelano, dell'artista, una grande sensibilità pittorica e la conoscenza di una tecnica altamente raffinata. Questo modo di rappresentare il soggetto nilotico, al di là delle mode e della diffusione del tema, soprattutto nelle province nord africane e orientali, fino alla tarda età imperiale, suggerisce di datare il mosaico capitolino in un'epoca assai vicina al mosaico di Palestrina, con cui condivide il gusto per il dettaglio dei particolari, le atmosfere sfumate, la percezione degli spazi.

Bibliografia: Bulletino della Commissione Archeologica Municipale, 1882, p. 238; H. Stuart Jones, The Sculptures of the Palazzo dei Conservatori, Oxford 1926, p. 275, n. 14, tav. 108; M. A. Blake, Mosaies of the late Empire in Rome and vicinity, in Memoirs American Academy in Rome, 17, 1940, p. 104, tav. 20, 3; C. Salvetti, Mosaico con scene nilotiche, in Romana Pictura. La pittura romana dalle origini all'età bizantina (catalogo della mostra), 1998, p. 319, n. 160.

[Carla Salvetti]

IV. 7. Lastra "Campana" con paesaggio nilotico urn:collectio:0001:antcom:03368

Età augustea

Da Roma, Esquilino, presso la chiesa di Sant'Eusebio

Argilla rosata con inclusioni, h 61 cm, lungh. 59 cm, spess. cm 2,5

Roma, Antiquarium Comunale, 3368

La lastra, di dimensioni maggiori rispetto alla media, presenta ampie integrazioni di restauro e conserva, in alto a destra, una grappa di piombo a forma di mano. La raffigurazione mostra, in primo piano, un prospetto architettonico formato da due pilastri scanalati coronati da capitelli corinzi entro i quali si imposta un porticato bipartito che presenta colonne tuscaniche, delle quali le esterne con scanalature che avvolgono la superficie; sulle colonne si imposta l'architrave a sezione curva decorata con cornice a dentelli e nello spazio di risulta sopra la colonna centrale sporge un bucranio.

Dietro al porticato si sviluppa un paesaggio articolato su tre registri animato da uomini, animali, piante; nel primo registro, in basso, la riva di un fiume con un ippopotamo e un coccodrillo tra piante di loto, nel secondo registro una piccola barca, con la prua a forma di testa di uccello, condotta a remi da due pigmei e al centro della corrente un altro coccodrillo sopra un piccolo isolotto. Nel terzo registro, in alto, è raffigurato un villaggio formato da una capanna rotonda con tetto di paglia, un piccolo edificio quadrangolare e, sulla destra, una grande costruzione in muratura eretta con blocchi quadrangolari posta al centro di un recinto di legno che mostra un tetto a doppio spiovente con timpano decorato da sculture sul lato di ingresso; sui tetti sono posati quattro ibis. Tutti gli elementi riportano ad ambiente nilotico e quindi egizio tanto caro alla propaganda politica e religiosa di età augustea.

Bibliografia: "Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma", III, 1875, p. 254 n 1; H. V. Rohden, H. Winnerfeld, Roemische Architektonische Tonrelief der Kaiserzeit, Stuttgar 1911, tav. XXVII.

[Carla Martini]

IV. 18. Sima fittile raffigurante due sfingi urn:collectio:0001:antcom:03301 ai lati del dio Bes

Età augustea

Da Roma, Campo Verano

Argilla nocciola chiaro, h 23 cm, lungh. 50 cm, spess. 3,5 cm

Roma, Antiquarium Comunale, 3301

La sima è delimitata in alto da una cornice aggettante decorata da un Kyma ionico a ovuli e freccette. Il fregio centrale presenta la piccola figura del dio Bes fiancheggiata da due sfingi accovacciate.

Bes è raffigurato di prospetto, nudo, con barba stilizzata di stile arcaicizzante e corona di piume sul capo; regge con entrambe le mani due fiori di loto.

La sfinge a sinistra presenta tratti femminili, la testa, di profilo destro, ha una lunga capigliatura, che scende sulle spalle in lunghi boccoli inanellati ed è fermata sulla fronte da un nastro, sulla fronte poggia un diadema dal quale si innesta un bocciolo di loto, sul torace due seni rigogliosi. La sfinge di destra mostra invece tratti maschili: il volto è in parte coperto da una barba a ciocche e i capelli sono raccolti in una crocchia dietro la nuca, dalla fronte si alza uno pschent. Sul dorso delle due figure si distendono lunghe tenie decorate con fiori e dalle code si sviluppano verso l'alto sottili racemi fioriti. Lo schema iconografico e la presenza delle due sfingi ai lati di una figura centrale trova confronto in una sima proveniente dal tempio di Apollo sul Palatino dove però Bes è sostituito da un busto di Iside che sorge da un cespo di acanto (G. Carettoni, in Kaiser Augustus und die verlorene Republik, catalogo della mostra, Berlino 1988, p. 270 n. 126), mentre un confronto diretto si ha, invece, con una lastra di Berlino che proviene forse dalla stessa matrice (H. v. Rohden, H. Winnerfeld, Roemische Architektonische Tonrelief der Kaiserzeit, Stuttgart 1911, tav. XLIV).

Il motivo delle sfingi ai lati di un oggetto o di una figura centrale si trova molto frequentamente su stucchi di età augustea-claudia, quali per esempio quelli della Farnesina, della sala grande delle Terme di Venere a Baia, della Basilica sotterranea di Porta Maggiore a Roma (H. Mielsch, Roemische Stuckreliefs, Heidelberg 1975, pp. 113 [K8] 116 [K15] 118 [K16]).

Iconograficamente Bes, che nel mondo faraonico e tolemaico apparteneva al gruppo dei demoni minori di carattere solare, viene assimilato al tipo del sileno ma è sempre caratterizzato da una corona di piume o di foglie sopra la testa; la diffusione del soggetto si ricollega probabilmente alle prerogative magiche e apotropaiche di Bes in contrasto al potere malefico della Gorgone come ci viene testimoniato dalla presenza nel ciclo decorativo del tempio di Apollo sul Palatino di entrambe i soggetti.

L'uso così diffuso, sia in monumenti di carattere pubblico che privato, di questi soggetti implica in età augustea da un lato una decisa valenza politica ma anche un collegamento alla sfera culturale e religiosa dei nemici vinti nella battaglia di Azio.

Bibliografia: "Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma", XIII, 1885, p. 189 n. I; H. v. Rohden, H. Winnerfeld, Roemische Architektonische Tonrelief der Kaiserzeit, Stuttgart 1911, p. 161, fig. 307.

[Carla Martini]

IV. 59. Lucerna raffigurante flora e fauna urn:collectio:0001:antcom:15104 nilotica

Metà del I secolo d. C.

Provenienza ignota

Argilla nocciola con tracce di vernice arancione, h 2,8 cm, largh. 7,8 cm, prof. 9 cm

Roma, Antiquarium Comunale, 15104

Lucerna con becco ogivale a volute in parte mancante, spalla piatta piuttosto stretta e fondo piatto con al centro bollo MIRO in planta pedis (CIL, XV, II, T III, II). Nel disco sono raffigurati un serpente, che si alza lungo il bordo sinistro, che affronta un coccodrillo, la scena è riempita da un piccolo fiore posto tra i due animali e da un fiore con grandi petali e lungo stelo situato sul lato destro. Questa scena riconduce a raffigurazioni ben più complesse che ripropongono in modo piuttosto fedele il paesaggio ambientale e i personaggi gravitanti sulle sponde del Nilo. La lucerna appartiene al tipo Bailey B II (D. M. Bailey, A Catalogne of the Lamps in the British Museum II, Roman Lamps made in Italy, London 1980, pp. 157 sgg.).

Inedito.

[Carla Martini]

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