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Le iscrizioni sulle fistulae

Stefano Priuli – Università di Roma

Fistula n. 1 urn:collectio:0001:antcom:23879

CIL, XV, 7279 = ILS 8679.

Antiquarium Comunale, inv. 23879

(Cat. Epigr. 460). Neg. 9881d.

Roma. Incerto il luogo del ritrovamento (il pezzo proviene dal mercato antiquario), avvenuto, presumibilmente, intorno al 1890. Modulo dei minori. Le due righe di scrittura sono dimezzate per l'interposizione di una figurina in rilievo, rappresentante il dio Marte, con scudo e giavellotto, che simboleggia le virtù guerriere dell'imperatore.

Imp(eratoris) Domitiani Caes//aris Aug(usti) Germanici.

Sub cura Bucolae, l(iberti), proc(uratoris aquarum). //Ti(berius) Claudius Philetaerus fec(it).

“(Proprietà) dell'imperatore Domiziano Cesare Augusto Germanico. Sotto la cura di Bucola, liberto, sovrintendente alle acque. Tiberio Claudio Filetero eseguì il lavoro”.

L'imperatore regnante, menzionato in prima posizione con i suoi nomi ufficiali, è Domiziano (81 – 96 d. C.), l'ultimo della dinastia dei Flavi. Dovrebbe trattarsi di una conduttura che approvvigionava d'acqua una proprietà imperiale o pubblica; quale, però, non sappiamo. Il sovrintendente Bucola è identificabile, da un'altra epigrafe (CIL XI, 3612) con Tiberio Claudio Bucola, liberto, cioè ex-schiavo, o di Claudio (41 – 54 d. C.) o di Nerone (54 – 68 d. C.) - meglio, per motivi cronologici, del secondo – non, però, di Domiziano; in quest'ultimo caso, infatti, i suoi primi due nomi sarebbero stati Tito Flavio, identici a quelli del suo augusto patrono. Nativo o, comunque, frequentatore assiduo della città etrusca di Cerveteri (Caere), dove è stata ritrovata una sua epigrafe (citata sopra), ricoprì molti diversi incarichi del palazzo imperiale, passando, come sembra, senza traumi, da un imperatore all'altro, per tre volte almeno (Nerone – Vespasiano – Tito – Domiziano), senza tenere conto dei tre imperatori (Galba – Otone – Vitellio) del travagliato periodo 68 – 69 d. C. E' possibile che sull'iscrizione in esame siano stati taciuti i primi due nomi, Tiberio Claudio (praenomen e nomen), di Bucola, proprio perchè essi avrebbero ricollegato questo liberto a Nerone, principe condannato all'oblio (era vietato scrivere il suo nome) e considerato dei peggiori.

Di origini certamente libertine e, forse, liberto, a sua volta, del liberto Bucola (per l'identità, appunto, dei primi due elementi onomastici, Tiberio Claudio) potrebbe essere stato Tiberio Claudio Filetero, il plumbario che fabbricò e mise in opera l'impianto idrico. Si configurerebbe, quindi, nel nostro caso, un intervento tutto contenuto, in qualche modo, nell'ambito del patrimonio imperiale.

L'imperatore Domiziano mostra l'appellativo onorifico di Germanicus (= vincitore dei Germani), che gli venne ufficialmente attribuito alla fine dell'83 d. C., in seguito al successo riportato in una campagna militare contro la popolazione dei Catti. La spedizione, svoltasi, appunto, nei primi mesi dell'83 d. C., fruttò a Roma più saldi confini tra i territori nordici controllati dall'impero e le belicose genti barbare, non ancora sottomesse, di Germania. Pertanto l'iscrizione, e la conduttura, si collocano in un arco di tempo di circa 12 anni: tra il conferimento del titolo di Germanicus a Domiziano, diciamo pure l'84, e il 96 d. C., anno in cui, il 18 settembre , questo imperatore fu assassinato e subì, per giunta, la damnatio memoriae (= condanna della memoria), la proibizione pubblica, cioè, di dire, scrivere o perpetuare, in alcun modo, il suo detestato nome; la stessa che già avevano patito, ad es., Caligola e Nerone.

Fistula n. 2 urn:collectio:0001:antcom:23856

ILS 8689 (BC 1902, P. 292; NS 1903, P. 20).

Antiquario Comunale, inv. 23856

(Cat. Epigr., 486). Neg. 9965 d.

Roma. Ritrovamento del 1902 durante i lavori per il traforo del Quirinale. Modulo dei minori ( ). La nota numerica (X = 10), di dimensioni sproporzionatamente maggiori, rispetto al resto, era su una matrice a sé che venne accostata alla principale.

a) Fulvi Plautiani, pr(aefecti) pr(aetorio), c(larissimi) v(iri).

Succ(ura) Anni Proculi, proc(uratoris aquarum). Off(icinator) Terentius Cassander.

b) X (pars).

a) “(Proprietà) di Fulvio Plauziano, prefetto al pretorio, chiarissimo uomo. Sotto la cura di Annio proculo, sovrintendente alle acque. Fabbricante Terenzio Cassandro”.

b) “Decimo (tratto)”.

Il luogo alimentato dalla conduttura, forse una villa privata, era di proprietà di Gaio Fulvio Plauziano, personaggio politico di primo piano dell'età di Settimio Severo (193 – 211 d. C.). Nulla si conosce del sovrintendente imperiale alle acque, Annio Proculo, qui ricordato per la prima volta. Il plumbario, Terenzio Cassandro, come apprendiamo da altre fistulae (CIL XV, 7238), era ancora in attività durante il brevissimo principato di Macrino (217 – 218 d. C.), allorchè eseguì un impianto per la caserma dei pretoriani (castra praetoria). Per una valutazione cronologica abbastanza precisa di questa conduttura sono utili le notizie che possediamo sulla vita di Gaio Fulvio Plauziano.

Seguace di Settimio Severo, africano anche lui di nascita, ma di origini piuttosto umili, si mise in buona luce partecipando attivamente alle vicende drammatiche e alle lunghe lotte che condussero al potere questo imperatore. Nel 197 ne ebbe una prima ricompensa, ottenendo da Settimio Severo la nomina alla prefettura al pretorio, la carica più prestigiosa ed ambita per quanti fossero esclusi, come il nostro, dalla classe senatoria. Successivamente, non sappiamo precisamente quando, Plauziano fu ammesso nell'ordine senatorio e, con una procedura straordinaria, promossa e voluta dall'imperatore, fu insignito degli ornamenti consolari (ornamenta consularia), divenendo cioè console onorario, non effettivo.

Ancora, nel 202, sua figlia, Fulvia Plautilla, fu accettata in isposa da Caracalla, figlio di Settimio Severo, già designato dal padre alla successione. Nel 203 il nostro ottenne un vero e proprio consolato. Negli ambienti di corte a Roma, però, si vociferava che Plauziano aspirasse alla successione di Settimio Severo, alla cui figura, con eccessi di liberalità e atteggiamenti protagonistici, cominciava già a dare ombra. Tali voci, non infondate, suscitarono la diffidenza di Settimio Severo e l'aspra inimicizia di Caracalla. Caduto dunque in disgrazia presso l'imperatore. Plauziano ebbe poi da lui per breve ora una certa riabilitazione; ma, infine, il 22 gennaio 205 d. C., fu messo a morte e gli si decretò la damnatio memoriae. Quanto alla figlia, Plautilla, in fama di dissolutezza ed invisa fin dall'inizio al marito, Caracalla, dapprima fu relegata lontano da Roma, più tardi fatta uccidere. La nostra fistula si colloca, quindi, in un periodo di tempo abbastanza breve: tra il 197, anno, quasi certo, dell'assunzione della prefettura al pretorio da parte di Plauziano, e il 203 d. C., anno del suo consolato effettivo, considerato che, assai difficilmente questa importantissima carica sarebbe stata omessa nella titolatura, posposta al suo nome, nell'iscrizione.

Fistula n. 3 urn:collectio:0001:antcom:23718

CIL XV, 7249 = ILS 8696.

Antiquario Comunale, invv. 23718 e 23718b urn:collectio:0001:antcom:23718b

(Cat. Epigr., 563 e 563b). Negg. 9923 d e 9924 d.

Roma. Ritrovamento dell'aprile 1876, avvenuto nell'area di vigna Spithoever (già Barberini). Modulo di media misura. Per questa conduttura si usarono tre distinte matrici scrittorie: una per l'iscrizione principale con il nome del luogo alimentato e del suo augusto proprietario; una seconda per il nome del plumbario; una terza, infine, per la nota numerica, che appare rovesciata, rispetto al resto.

a) <H>ortorum Sallustianor(um).'

Imp(eratoris) Sev(eri) Alexandri Aug(usti).

b) Naevius Manes fecit.

c) XII (pars).

a) “Conduttura degli orti Sallustiani. (Proprietà) dell'imperatore Severo Alessandro Augusto”.

b) “Nevio Mane eseguì il lavoro”.

c) “Dodicesimo (tratto)”.

La palmetta in rilievo che segue il nome dell'imperatore è simbolo di vittoria. L'imperatore è Severo Alessandro (222 – 235 d. C.), l'ultimo della dinastia dei Severi. Anomala, in questa iscrizione, l'assenza del sovrintendente imperiale alle acque, o di chi per lui. Si menziona soltanto il plumbario, Nevio Mane (rarissimo, a Roma, il cognome Manes, che è di origine persiana; lo stesso che ebbe il fondatore dell'eresia manichea).

La conduttura alimentava, come espressamente ricorda l'epigrafe, una delle più vaste e prestigiose residenze imperiali in Roma, gli Orti Sallustiani. Essi si estendevano, ininterrottamente, tra il Quirinale e il Pincio, cominciando all'incirca all'altezza dell'attuale vicolo di S. Nicola da Tolentino, per giungere fino a ridosso delle mura Aureliane e a Porta Pinciana. Proprietà, in origine, di Cesare, nel 44 d. C., alla morte di questi, la vastissima tenuta fu comperata in blocco, ad un prezzo assai inferiore al suo reale valore, dal celeberrimo storico Gaio Sallustio Crispo, uomo ricchissimo. Questi, ritiratosi ormai dalla politica attiva, che in precedenza aveva praticato assai spregiudicatamente, traendone enormi profitti, trascorse negli Orti, che da lui presero nome di Sallustiani, gli ultimi beati anni della sua vita, deliziandosi di abbellirne, con ogni mezzo soprattutto gli edifici. Morto Sallustio Crispo, la tenuta passò ad un suo nipote omonimo, che la tenne fino alla morte, nel 20 d. C. Fu in questo anno che gli Orti Sallustiani passarono all'imperatore Tiberio (14 – 37 d. C.), entrando, così, a far parte stabilmente del patrimonio privato imperiale. In tale condizione, appunto, li troviamo ancora con la nostra iscrizione, sotto Severo Alessandro.

Fistula n. 4 urn:collectio:0001:antcom:23572

CIL XV, 7775b.

Antiquario Comunale, inv. 23572

(Cat. Epigr., 360). Neg. 15770 d.

Dubbia, in verità, la pertinenza alla città di Roma di questo reperto frammentario, del quale tutto si ignora, essendo stato acquistato sul mercato antiquario nel 1888. Non si tratta, propriamente, di una fistula, bensì di parte (meno di metà) di una cassetta di distribuzione.

Questo tipo di conduttura, doppia, tripla o quadrupla, a seconda dei casi e delle necessità, serviva a dirottare l'acqua da una conduttura principale in due o più condutture minori, senza alterarne la pressione e la portata. Si dubita dell'origine urbana di questo pezzo per il fatto che un esemplare affatto identico (CIL XI, 3588 = XV, 7775b), integro, con la medesima iscrizione ripetuta quattro volte, fu ritrovato il 3 febbraio 1777 in località La Chiaruccia (antico Castronovum), tra Civitavecchia e Santa Marinella, presso la via Aurelia, quasi sul mare. Questa cassetta di distribuzione si è però perduta subito dopo il ritrovamento. Non è perciò da escludere neppure che la nostra possa essere parte di quella stessa, resecata per ricavarne due o addirittura tre reperti, da rinvendere separatamente.

L'iscrizione, consistente nel solo nome del fabbricante del pezzo, si ripete uguale su ciascuno dei due tratti di tubo superstiti; questi, come indica l'esemplare integro di Castronovum, erano in origine quattro, tutti iscritti nell'identico modo ed intercomunicanti tra loro.

a) [P(ublius Cor]nelius Cornelianus fecit.

b) [P(ublius) Cornelius Cor]nelianus fecit.

a-b) “Publio Cornelio Corneliano fece”.

Difficile giudicare dell'epoca del reperto, che taluni, per la scrittura e la presenza di una minuscola edera in rilievo, posta a separare un'iscrizione dall'altra, hanno attribuito agli inizi del III secolo d. C.

Un omonimo Publio Cornelio Corneliano è noto da un'epigrafe (CIL II, 3663), ritrovata ad Iviza, l'isola oggi spagnola, presso le Baleari. Qui egli, curiosamente, risulta autore, insieme a cinque suoi congiunti, di una conduttura d'acqua nell'antico municipio (municipium Flavium Ebusum), che fu il principale centro abitato di quell'isola. Ma, almeno a giudicare da alcune caratteristiche onomastiche personali (modo di trasmissione dei prenomi dai padri ai figli) l'iscrizione di Iviza sembrerebbe più antica della nostra. Eppoi si consideri anche come il cognome Corneliano sia molto frequente, rappresentandone un derivato, tra i portatori del gentilizio Cornelio; ed ancora come questi, fino dal tempo del celebre Publio Cornelio Africano, abbiano prediletto di assumere il prenome Publio.

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