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Indice antcom:07233 antcom:07235 0279

II. Il vetro romano soffiato

Gruppo G: Vetri intagliati e/o incisi

100 Bicchiere con decorazione vegetale urn:collectio:ant:00279

Seconda metà del I secolo d. C. Rinvenuto a Roma nel 1882 sull'Esquilino (zona I, isolato XIX tra le vie Conte Verde, Cairoli, Emanuele Filiberto e piazza Vittorio).

Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 279.

Altezza cm 11,3; diametro della bocca cm 8,3; diametro del piede cm 4,7; spessore della parete cm 0,2 circa.

Vetro incolore con sfumatura verdina. Fuso; tagliato alla ruota; molato e levigato. Bicchiere troncoconico; orlo leggermente obliquo, tagliato e levigato, sottolineato esternamente da una sottile nervatura a sezione semicilindrica; parete dritta che si restringe verso il basso; piede ad anello svasato. La parete è decorata ad alto rilievo (cm 0,5-0,2) da due tralci continui: uno di edera con quattro foglie (ne rimangono due complete e parte dello stelo delle altre) e uno di una pianta di incerta identificazione (rimangono il tratto terminale dello stelo principale, tre foglie e un frutto) con foglie dai margini seghettati ed una bacca sferica con un piccolo intacco. Rotto in quattro frammenti e ricomposto. Le parti mancanti dell'orlo e della parete e del piede sono reintegrate con materiale plastico.

Il secondo tralcio potrebbe essere di corbezzolo, ma la bacca ha margini troppo netti, o di un alloro, ma la bacca è troppo sferica. Le venature di tutte le foglie sono rese con profondi solchi intagliati, lo spigolo delle foglie d'edera è vivo, più morbido e arrotondato quello della bacca, reso mediante piccoli intagli quello dell'altro tipo di foglia. La forma del bicchiere (Isings 1957, forma 21; Oliver 1984), pur con alcune sensibili differenze nelle proporzioni e nel disegno del piede, è quella dei bicchieri troncoconici con decorazione a sfaccettature, dipinta, incisa ed applicata a caldo, la cui produzione (attribuita ad Alessandria) si colloca tra la fine del I secolo d. C. e gli inizi del III.

La decorazione a rilievo con tralci vegetali si riallaccia a quella dei lussuosi vasi d'argento di età precedente e soprattutto a quelli in pietra dura dei quali gli esemplari in vetro costituiscono una più economica imitazione (Gasparri 1979, coppa in cristallo di rocca nel Museo Nazionale di Napoli; Hackin 1954, un esemplare da Begram forse prodotto ad Alessandria).

Un frammento di vetro con una decorazione simile eseguita con la stessa tecnica rinvenuto a Fishbourne in uno strato databile tra il 75 e il 100 d. C. consente di precisare meglio la cronologia di questi bicchieri (Harden e Price 1971, 333-336, n. 30, fig. 138, tav. XXVI). Simile è un bicchiere rinvenuto con materiale del I secolo d. C. nel Museo Nazionale Slovacco (Kraskovská 1981, 12, fig. 1); altri confronti dello stesso periodo vengono da Begram (Harden e Price 1971, 333). Ancora nel III secolo d. C. recipienti di forma diversa rinvenuti in Germania presentano un'analoga decorazione (Harden e Price 1971, 333; Goethert-Polascheck 1977, 47, n. 144, tav. 15, n. 177a). Lucia Pirzio Birolli Stefanelli

Bibl.: Pirzio Biroli Stefanelli 1981-1983, 3 ss., fìgg. 1-4; Righetti e Pirzio Biroli Stefanelli 1981-1983, 153, fig. 1; von Saldern 1985, 33, n. 8.

118 Frammento di bottiglia urn:collectio:0001:antcom:07235 con scene bibliche

Prima metà del IV secolo d. C. Rinvenuto a Roma sull'Esquilino nel 1884, via Lamarmora, angolo via Principessa Margherita. Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 7235.

Altezza cm 17,5.

Vetro incolore con sfumatura verdina. Soffiato, intagliato alla ruota con decorazione a sfaccettature e lineare. Fram­mento di bottiglia cilindrica mono o biansata. Decorazione su due registri separati da tre linee orizzontali: a) registro superiore: a sinistra era raffigurato il "Sacrifìcio di Isacco", rimangono in alto (1) parte dell'altare quadrangolare sul quale alcune sfaccettature ovali indicano le fiamme o forse meglio alcuni pani, in basso (2) parte della figura di Isacco con tunica inginocchiato verso destra, le dita della mano di Abramo posate sul suo capo. A destra è conservata un po' meno della metà di "Daniele nella fossa dei leoni": in alto Abacuc (3) con una corta tunica e pallio svolazzante, trasportato in aria dalla mano divina che lo afferra per i capelli (rimangono le punte delle dita), reca un recipiente con tre pani a Daniele (la figura è perduta) al centro con due leoni (4, 5) per parte nell'atto di balzare sulla vittima; b) registro inferiore: in alto a destra (6) una ghirlanda appesa a tre solchi paralleli che separano i due registri; in basso a destra (7) rimangono le teste e i busti di otto personaggi maschili barbati, con tunica allacciata sul petto, in fila due a due verso sinistra con lo sguardo rivolto in alto verso una nuvola (8) indicata sommariamente mediante alcune leggere incisioni parallele. Frammento di parete poco sotto la spalla.

La scena del registro inferiore deve essere interpretata come l'Esodo degli Ebrei nel deserto verso il Mar Rosso guidati dalla nuvola divina (Esodo XII 21-22) anche se non sembra essere documentata altrove su vetri tardo-antichi contrariamente agli altri episodi che compaiono con una certa frequenza.

Il "sacrificio di Isacco", come si può dedurre dai pochi elementi rimasti, è raffigurato secondo uno schema usuale quale si ritrova ad esempio sui vetri dorati (Leningrado: Cabrol e Leclercq 1903-1953, VII, 2, 1576-1577, fig. 5989; Aquileia: Bertacchi 1967).

Daniele con quattro leoni anziché due, la variante è comunque documentata (Garrucci 1876, tav. 169, 1), sembra fosse rappresentato su un palco come damnatus ad leones nell'anfiteatro anziché nella più consueta attitudine di orante nella fossa con i leoni mansueti (si vedano ad esempio un piatto da Podgoritza: Bullettino di Archeologia Cristiana, 3a serie, 2, 1877, tavv. V-VI; un piatto da Portogruaro: Bollettino d'Arte 37, 1952, 209, fig. 7).

Le figure sono rese con larghe sfaccettature alle quali i particolari come i capelli, il pelo degli animali, le pieghe degli abiti, sono aggiunti con più sottili tratti rigidi ed essenziali. In particolare la resa somatica dei volti con l'occhio di profilo, i capelli e la barba resi con minuti trattini, trovando una corrispondenza puntuale in analoghi manufatti del IV secolo, quali ad esempio alcuni vetri da Roma, consentono senza difficoltà una datazione nella prima metà del IV secolo (Fremersdorf 1975, nn. 837, 840). In questo periodo sono frequenti le bottiglie cilindriche mono o biansate con decorazione incisa sia geometrica (Harden 1970, tav. VII F; Fremersdorf 1967, tav. 156) che figurata (Fremersdorf 1967, 152-153, tav. 198; Masterpieces 1968, 81, n. 105). Lucia Pirzio Biroli Stefanelli.

Bibl.: Lanciani 1884, 220-221, Bullettino della Commissione Archeologica Comunale 12 (1884), 272; De Rossi 1884; De Rossi 1885; Cabrol e Leclercq VI, 2, 1925, 1580, fig. 5409 e XV, 2, 1953, 2975, fig. 11221.

124 Frammento di piatto urn:collectio:0001:antcom:07233 per i Vicennali di un imperatore

Secondo o terzo quarto del IV secolo d. C. Rinvenuto nel 1882 a Roma nel Foro Romano nei pressi della casa delle Vestali con un altro frammento di vetro figurato ora perduto.

Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 7233.

Altezza cm 6,5; larghezza cm 14,5; diametro originale cm 20.

Vetro incolore con sfumatura verdina. Soffiato; intagliato alla ruota e con una punta; passato al tornio e levigato. Orlo ispessito; corpo leggermente concavo. Decorazione: a) tre profondi solchi concentrici di misure differenti intagliati alla ruota lungo l'orlo sulla superficie esterna; b) alcuni personaggi sono rappresentati davanti ad un portico originariamente con quattro colonne, il cui timpano segue la curvatura del piatto. Le colonne sono lisce con capitelli stilizzati costituiti da due piccoli rami e da un elemento quadrangolare centrale, le cornici sono decorate con piccoli dentelli verticali. Al centro del timpano due Vittorie volanti reggono una corona di alloro legata con un nastro, al centro della quale sono incise molto superficialmente le parole: VOTA XX MVLTA XXX. Ai lati due figure seminude sedute, a sinistra un'altra semisdraiata di schiena con le gambe coperte da un mantello, il gomito sinistro poggiato su un recipiente da cui esce acqua. Di fronte alla facciata del tempio rimane parte di tre figure, due nell'intercolumnio del portico e una davanti, le teste della seconda e della terza sono più piccole di quella centrale e ad un livello inferiore: (A) parte della testa di un personaggio, probabilmente seduto su un trono, dall'espressione ieratica e ufficiale, i grandi occhi spalancati, il naso lungo e stretto, una corta barba sulle guance affilate, le orecchie sporgenti e a punta, i capelli in una calotta regolare e ordinata; (B) testa e parte del busto di un altro personaggio con la clamide fermata sulla spalla con una fibula rotonda dal lungo ago, guance rotonde coperte da una corta barba, ca­pelli radi sulle tempie, grosso collo; (C) testa e collo di una terza figura, leggermente in secondo piano, con una corta barba lungo la mandibola, guance paffute, collo leggermente piegato. Presso la spalla della figura C una doppia fila ricurva di elementi poligonali e le lunghe orecchie a punta di un animale, probabilmente un cavallo, al quale è stata legata parte della criniera sulla sommità della testa. Sopra il capo della figura C è inciso il nome SEBERVS. Frammento. Lo strato di alterazione sulla superficie superiore è stato in parte rimosso.

L'esecuzione della decorazione, pur nella essenzialità dei tratti, caratteristica dell'epoca a cui appartiene il vaso, è estremamente curata nei minimi particolari, priva dell'approssimazione che si riscontra quasi sempre negli altri vetri coevi dai quali il frammento si discosta nettamente. Il piatto è assimilabile per il soggetto rappresentato ai ben più preziosi piatti d'argento di largizione, lisci con iscrizioni o decoraticon figure, che l'imperatore o un alto ufficiale distribuivano in occasione di importanti celebrazioni. Il confronto più immediato è con il missorium di Teodosio da Emerita (Spagna) riferibile ai vicennalia di questo imperatore che è rappresentato con Valentiniano II e Arcadio davanti a un edificio con quattro colonne e un timpano triangolare (Toynbee e Painter 1986, 27-28). I personaggi della corte sono in dimensioni leggermente ridotte ad esaltare la posizione dell'imperatore. L'iscrizione nella corona ed il nome SEBERVS sono stati gli elementi determinanti per l'identificazione dei personaggi rappresentati, tuttora oggetto di discussione. L'iniziale identificazione del personaggio centrale con Diocleziano (Bruzza) è ormai da respingere ma non convincono pienamente, soprattutto per il particolare della mancanza del diadema sul capo della figura centrale, le ipotesi relative alle celebrazioni dei Vicennali di Costantino il Grande (Fuhrmann) o di Costanzo II (Kraft, Salomonson). Secondo l'interpretazione di Fuhrmann seguita da Fremersdorf, il piatto sarebbe stato prodotto durante i festeggiamenti dei Vicennali di Costantino il Grande nel 326 d. C. a Roma su commissione del praefectus Urbis di quell'anno Acilio Severo; la prima parte del nome si trovava nella parte mancante del piatto.

I personaggi rappresentati davanti ad un tempio o a un tribunale sarebbero stati pertanto l'imperatore Costantino al centro, alla sua destra nella parte perduta come ufficiale più importante Acilio Severo con indosso la toga, alla sua sinistra con il paludamentum il prefetto del Pretorio Giunio Basso il vecchio, ai lati due protectores divi lateris Augusti accanto ai loro cavalli. Secondo l'interpretazione di Kraft e Salomonson, basata soprattutto su considerazioni di carattere stilistico tratte da confronti per lo più monetali, l'imperatore alcentro sarebbe Costanzo II che festeggiò i Vicennali due volte, la prima nel 343, la seconda nel 357 durante la sua prima visita a Roma ed in tale occasione sarebbe stato commissionato il piatto. Non si tratta dell'unico esemplare di piatto di largizione in vetro rimasto; in particolare analogie, soprattutto nella lavorazione delle figure del frontone dell'edificio, si riscontrano in un frammento appartenente certamente ad un piatto simile (Oliver 1975). L'esiguità del materiale di confronto non consente di ipotizzare seriamente il luogo di fabbricazione: Fremersdorf pensa ad una produzione romana o alessandrina. Lucia Pirzio Biroli Stefanelli

Bibl.: Bruzza 1882; CIL, xv, n. 7007; Kisa 1908, 646-647; Eisen 1927, II, 407; Colini 1929, 70, tav. LXXIII, 2; Fuhrmann 1939; Fremersdorf 1951, 24, tav. 23, 1; EAA IV, 1961, 478, fig. 560; Kraft 1950-1951; Salomonson 1973, 52 ss., figg. 39, 42; Righetti e Pirzio Biroli Stefanelli 1981-1983, 154, fig. 2.

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